L’arte dello sbalzo
La raffinata foggiatura di vasi, coppe, piatti, impugnature e porta-ostriche in Vigezzo
Esistono alcune vicende curiose legate alla diffusione dell’arte dello sbalzo in Valle Vigezzo, che hanno avuto inizio negli anni Venti del Novecento, quando il prof. Luciano Gennari, uomo di lettere e grande esperto dell’artigianato dei preziosi, convince il fabbro di Santa Maria Maggiore, Remigio Covetta, a imparare la lavorazione di rame, alpacca e ottone, secondo una tecnica di lavorazione ancora sconosciuta in Italia.
Comincia così la raffinata foggiatura di vasi, coppe, piatti, impugnature e porta-ostriche, che nascono dalla lavorazione di lastre sottili. Queste vengono piegate, attorcigliate, formate e incise con un martelletto arrotondato di precisione millimetrica.
La bravura e la notorietà del fabbro crescono, e il suo nome comincia ad essere conosciuto anche oltre confine; la sua bottega è frequentata da una clientela raffinata ed esigente, come ad esempio il generale Raffaele Cadorna.
L’oggetto più pregiato e richiesto della bottega è il piatto, disponibile in stile barocco, leggermente ondulato e in stile inglese, con fattezze più rigorose e lisce; veniva realizzato anche un altro piatto, lo spigatino, che presentava sottili nervature ed era caratterizzato dalla presenza di un rosone e da morbidi rigonfiamenti.
L’arte dello sbalzo è diventata un’occupazione di successo per molti vigezzini, tra cui Carlo Viglino e Bruno Gnuva; quest’ultimo esporrà i suoi lavori in diverse parti del mondo, da Firenze a Monaco di Baviera, fino in Argentina.
In tempi più recenti il figlio di Remigio, Bruno Covetta, è da ricordare tra le maestranze di artisti cesellatori.
Per la produzione, oggi si utilizza principalmente l’alpacca, che non necessita di stagnatura, non annerisce e può stare a contatto con cibi e bevande; il rame e l’ottone invece, sebbene all’esterno rimangano lucidi come l’alpacca, richiedono però una stagnatura interna.
Comincia così la raffinata foggiatura di vasi, coppe, piatti, impugnature e porta-ostriche, che nascono dalla lavorazione di lastre sottili. Queste vengono piegate, attorcigliate, formate e incise con un martelletto arrotondato di precisione millimetrica.
La bravura e la notorietà del fabbro crescono, e il suo nome comincia ad essere conosciuto anche oltre confine; la sua bottega è frequentata da una clientela raffinata ed esigente, come ad esempio il generale Raffaele Cadorna.
L’oggetto più pregiato e richiesto della bottega è il piatto, disponibile in stile barocco, leggermente ondulato e in stile inglese, con fattezze più rigorose e lisce; veniva realizzato anche un altro piatto, lo spigatino, che presentava sottili nervature ed era caratterizzato dalla presenza di un rosone e da morbidi rigonfiamenti.
L’arte dello sbalzo è diventata un’occupazione di successo per molti vigezzini, tra cui Carlo Viglino e Bruno Gnuva; quest’ultimo esporrà i suoi lavori in diverse parti del mondo, da Firenze a Monaco di Baviera, fino in Argentina.
In tempi più recenti il figlio di Remigio, Bruno Covetta, è da ricordare tra le maestranze di artisti cesellatori.
Per la produzione, oggi si utilizza principalmente l’alpacca, che non necessita di stagnatura, non annerisce e può stare a contatto con cibi e bevande; il rame e l’ottone invece, sebbene all’esterno rimangano lucidi come l’alpacca, richiedono però una stagnatura interna.