Le streghe nella storia

Streghe

Le streghe nella storia

La stregoneria è un fenomeno complesso, legato a credenze e comportamenti che per secoli sono stati percepiti come atti criminali: erano tanto più gravi quanto più si credeva che fossero condotti in modo occulto, con la complicità del demonio.

Ma cosa si intende per stregoneria?
La tradizione la descrive come un insieme di pratiche magiche, che permettevano di conoscere il futuro, praticare incantesimi per cambiare il corso degli eventi o controllare un individuo.
Da questa definizione si può dedurre che la stregoneria era una pratica molto vicina alla magia: entrambe sfruttavano la somministrazione di erbe medicamentose, l’uso di gesti simbolici e amuleti, l’invocazione di entità spirituali.
Esiste però una differenza importante: i maghi non hanno mai subito le stesse persecuzioni toccate alle streghe. Anzi, le loro conoscenze erano spesso tenute in grande considerazione da aristocratici e uomini di chiesa.
La percezione negativa attorno alle streghe era dovuta al loro ceto sociale inferiore: erano spesso contadine, ostetriche, prostitute, malate di mente; anche la tradizione biblica dava il suo contributo, considerando la donna come prima alleata del demonio.
Questi pregiudizi si fondavano sul fatto che erano davvero praticati dei riti molto divergenti dalla normalità religiosa e sociale.
La caccia alle streghe è un fenomeno europeo che va dal XIV al XVIII secolo, anche se era già molto conosciuto in epoca altomedievale, nel periodo longobardo e prima ancora in quello pre-cristiano. Le radici più arcaiche sono quindi da cercare nelle culture e nelle religioni pre-romane presenti su un territorio.

La stregoneria sulle alpi

Nelle vallate alpine al confine con la Svizzera si vivevano anni oscuri: gli uomini erano spesso additati come eretici calvinisti, e le donne venivano accusate di stregoneria, di praticare atti sessuali con i demoni e di uccidere bambini per cibarsene durante i banchetti sabbatici o per ricavarne grasso per la preparazione di unguenti magici. Per decenni i vescovi non si erano interessati a quei territori remoti, la predicazione era stata trascurata; la gente viveva in una profonda ignoranza religiosa.

In quei luoghi persistevano ancora i resti di antiche credenze pagane, che venivano mischiate alla fede in un cristianesimo superficiale, dando origine ad un sistema di credenze ibride. In queste zone, i processi per stregoneria non indagavano le eresie, bensì questi comportamenti e questi riti che rimandavano a una religiosità intrisa di magia, fondata su culti ancestrali. Le donne accusate non negarono mai di essere streghe, non sembrando a loro strano quel ruolo di sacerdotesse, fattucchiere e guaritrici. Gli inquisitori non riuscivano a capire questo modo di pensare ancora in parte primitivo, e fecero di queste donne degli “strumenti nefasti di combutte con il demonio” (Gruppo Archeologico Mergozzo, Domina et Madonna, la figura femminile tra Ossola e Lago Maggiore dall’antichità all’Ottocento, Antiquarium Mergozzo, pag.118). Anche in Valle Vigezzo era presente un Tribunale dell’Inquisizione, più precisamente a Malesco.

Processo di Croveo

IFrancesco Maria Guazzo, Compendium Maleficarum edizione 1610l Processo di Croveo è l’epilogo secentesco di una caccia alla strega iniziata durante il Cinquecento.

E’ stato condotto contro alcune donne della Valle Antigorio e celebrato nella Curia vescovile di Novara tra l’autunno del 1609 e l’inverno del 1611. Si è concluso con la morte, nelle carceri vescovili, di 10 di queste streghe.

Ha avuto inizio dopo che una giovane di Baceno, tale Elisabetta del fu Antonio De Giuli, orfana di entrambi i genitori, si confessò con uno dei due curati di San Gaudenzio.

La giovane viveva in povertà con la matrigna, vagando anche tra una famiglia e l’altra di Baceno. Aveva lanciato la sua accusa contro due anziane vedove del paese, colpevoli di di averle insegnato il Pater nostro delle streghe e di averla iniziata alla società stregonica, portandola al Sabba sopra il ghiacciaio del pizzo Cervandone.